29 novembre 2010

Della sala insegnanti.

Oggi sono uscita da scuola imbufalita come raramente mi capita.
No, non è stato a causa di alunni asini e indisciplinati, anzi. Oggi è stata una giornata scolasticamente piacevole, anche in 1 A dove in genere entro armata di napalm con l’intento di non lasciare superstiti.
Oggi è colpa di una collega. Di lei ho già parlato precedentemente. Madame infatti soffre di perdite di memoria: dopo diversi mesi dall’inizio della scuola e svariati “Arianna, sono la collega di lettere della A” ho le prove che non è un cacchio vero che repetita iuvant.
Anche se credo che la questione non si limiti a qualche episodio di demenza senile. Madame fondamentalmente è una stronza maleducata.
Purtroppo ci incrociamo spesso: il nostro orario è molto simile, quindi ci ritroviamo quasi tutti i giorni in sala insegnanti in compagnia l’una dell’altra e di altri colleghi. L’indifferenza iniziale mi è sembrata naturale. Sono l’ultima arrivata, non siamo neanche nello stesso corso, non abbiamo la stessa età e credo neanche gli stessi interessi. Tuttavia durante quei quarti d’ora di convivenza forzata si cerca quasi sempre di evitare il silenzio, si prova a fare due chiacchiere.  Macché: il fotocopiatore attira più attenzioni di me. Ne sono consapevole, non sono una fonte inesauribile di discorsi interessantissimi e indispensabili per l’umanità, ma credo comunque di avere qualcosa da dire anche io, essendo dotata di cervello funzionante e al momento giusto anche di una discreta parlantina. Sicuramente più del fotocopiatore.
Ma alla fine va bene, questo lo posso accettare: non si può piacere a tutti, diomenescampi. Io non sopporto il 90% del genere umano per cui sono l’ultima che può parlare. Però credo che ci sia un limite, neanche troppo sottile, tra l’indifferenza civile e la maleducazione.
Madame sta organizzando un pranzo nella sua casa in montagna. Da una settimana a questa parte sta invitando i colleghi. Tutti. Tranne me, ovviamente. Pazienza, me ne farò una ragione. Ma immaginate di essere in una stanza voi, Madame e altri tre colleghi.
M - “Allora, l’11 ci siete a pranzo a casa mia?”
Io ovviamente, taccio. Capisco che l’invito non è rivolto a me.
M - “Tu, S. ci sei? Venite tutti su da me, magari faccio la polenta. E tu, M?...F., aspetta prima di scappare in classe, tu ci sei a pranzo da me?...”
Finito il giro sarebbe il mio turno. Alcuni colleghi mi guardano, lei tace, cala il silenzio. Lei  non se ne accorge o finge di non.
Questa scena si ripete da una settimana circa, con alcune simpatiche varianti.
In una di queste c’è Steve, il mio collega (uno dei pochi che inviterei se io decidessi di organizzare un pranzo a casa mia), che mi chiede come procedono i preparativi per il matrimonio. Lei ovviamente si intromette: perché se è brava ad escluderti è ancora più brava ad auto includersi. Dice che non sapeva mi sposassi. Capisce, da quello che diciamo io e Steve, che il mio futuro sposo è qualcuno che conosce anche lei.
M – “Ah, ti sposi con Luca G.?”
A – “Si!”
In genere, in queste occasioni, Madreh mi ha insegnato che si usa dire qualcosa tipo “Auguri” o “Congratulazioni”. Pura formalità, certo. Ma credo sia comunque meglio di un silenzio indifferente. Per altro lei e Luca sono colleghi di corso: se lui aveva qualche possibilità di essere invitato al famoso pranzo (pare che con lui parli e sia anche molto gentile) temo se la sia giocata con questa notizia inaspettata. Forse è perché questo che non ha detto nulla: stava cercando di ricordare se lo aveva già invitato e come fare per rimangiarsi il tutto.
Altra variante frequente è quella che vede lei invitare sempre il collega che mi è di fronte…parlandogli in francese. Ora, va bene che io insegno lettere e non francese, va bene che non sai che sono laureata in lingue, ma di sicuro non ti è sfuggito che la Valle d’Aosta è una regione bilingue, studiamo francese dall’asilo e che ho sostenuto una parte degli esami di maturità in francese. Insomma, davvero credi che io non capisca? È un insulto alla mia intelligenza e tu sei una stronza di prima categoria, perché non ti costa nulla alzarti in piedi e fare i tuoi cazzi di inviti in modo più riservato.
Io ci ho provato a non scendere al suo livello, ad essere sempre educata e gentile. La scorsa settimana le ho proposto il mio posto vicino alla finestra dove batteva il sole perché lei aveva freddo. La settimana ancora prima, quando dopo un’ora buca in cui era andata a farsi visitare una mano in ospedale è tornata ingessata, mi sono offerta di riaccompagnarla a casa in macchina, visto che non poteva guidare. Oggi è entrata in sala insegnanti dove c’eravamo solo io e il collega di musica e, essendo di buon umore, l’ho accolta con un sorridente “Ciao!” a cui lei ha risposto guardando oltre e dicendo “Ciao Salvatore!”. A meno che ancora non abbia capito che mi chiamo Arianna e non Salvatore, credo proprio che mi abbia amabilmente ignorata.
E allora amen. Se sentite dire in giro che sono una gran maleducata sappiate che è vero. Io da oggi non la saluto più neanche se mi cade su un piede o mi rotola addosso per le scale. 
Ecchecazzo. Evaffanculo anche.

6 commenti:

  1. GIUSTO..BRAVA ARI..SII UN PO' CAFONA PURE TU..ECCHECAZZO OGNI TANTO CI VUOLE CON LE STRONZE FRUSTRATE!MARINA

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  2. ti ha presa di punta... ignorala e quando inciamperai passandole sopra dovrai solo dire "oh scusa, non ti avevo visto" magari in francese!

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  3. Da strangolarla.... Sono pronta a scommettere che non appena inizierai a cassarla e a evitarla ti rivolgerà la parola e ti cercherà :S

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  4. Ciao, ti capisco, ti capisco...una cosa simile accade quasi tutti giorni in casa mia avendo -.-
    Su col morale!

    ti andrebbe di seguirci a vicenda????
    http://folliedimakeup.blogspot.com/

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  5. @Emy: assolutissimamente no. Sei sempre stata gentilissima, disponibile e interessata anche alle mie cose: università, matrimonio...è un piacere scambiare due parole con te e quando lo facciamo percepisco che il tuo interesse è sincero e genuino, così come quando io ti chiedo di te e della piccola.
    E ti ringrazio anche per essere qui, nel mio piccolo spazio, a leggermi!

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