10 febbraio 2010

Caro nonno,
ti scrivo due righe veloci veloci, perché è un po' che non parliamo e volevo dirti solo un paio di cose. Cavolo, mi viene già da piangere.
Volevo dirti che l'altro giorno in classe, il 27 gennaio, ho parlato di te. Ho raccontato a dei ragazzini di undici anni la storia che tu hai raccontato a noi per tanti anni, con parole sempre diverse, suscitando emozioni sempre nuove. Ho cercato di essere il più fedele possibile, ho letto le parole che tu stesso hai scritto molti anni dopo la guerra. Ho spiegato loro della tua lunga fuga da Dachau, dopo i due precedenti tentativi falliti. Gli ho descritto la tua bicicletta tedesca e ora vogliono a tutti i costi vederla! Ho fatto fatica a trattenere le lacrime, la voce un paio di volte è uscita più bassa e rauca di come avrei voluto. Se ne sono accorti anche loro, è piombato un silenzio incredibile in classe. Hanno voluto vedere le cartoline che spedivi alla nonna dal campo di concentramento, hanno voluto vedere le tue foto e sono rimasti a bocca aperta quando i tuoi appunti riportavano "Avevo 28 anni quando rientrai ad Aosta dopo aver percorso quasi mille chilometri, prima a piedi e poi in bicicletta". E mentre leggevo avevo una piccola fitta allo stomaco anche io...non mi ero mai resa conto che avevi solo un anno più di me ora. Non l'avevo mai capito. Quando raccontavi ero forse troppo piccola per capire davvero. Lo sono anche ora, comunque.
So che tutto questo ti avrebbe reso molto fiero e orgoglioso, per cui te lo dico e lo scrivo, così che tu possa rileggerlo anche da dove ti trovi ora, ogni volta che vorrai.
La seconda cosa che volevo dirti, l'hai già capita da solo...Quando salivamo in ascensore mi dicevi sempre "A che piano, professoressa? Perchè lo sai che anche tu diventerai una professoressa come tua mamma, vero?". Lo dicevi raramente di fronte agli altri, quasi sempre in ascensore. Non ho mai capito perché. Beh, non sono ancora una professoressa, ci vorrà ancora del tempo. Ma sono sicura, sicurissima, che stai sorridendo e stai pensando "Brava, gioietta bella".
Infine, volevo solo dirti grazie per quello che hai fatto per la mamma. L'altro giorno, a tavola, si lamentava che nessuno di noi l'aiuta, che lei si occupa di tutti ma nessuno si occupa di lei. "L'unico che si è sempre preso cura di me, era il mio papà", ha detto. Non nascondo che ho provato invidia per lei, per aver avuto un papà così speciale. Volevo ringraziarti per questo.
Ti abbraccio forte, nonno. E ti stringo forte la mano, come quell'ultima volta che abbiamo passeggiato insieme, ricordi?
Arianna

2 commenti:

  1. approfitto del tuo blog per dirti che non ho soldi nel telefono e non posso risponderti, appena ricarico ti dico... un abbraccio
    mickey

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