Era Torino.
Era una Torino ancora sconosciuta per me, fredda e umida.
Era una Torino inaspettatamente bella e complice. I tram, la stazione, i portici, le mani infreddolite, il quinto piano di casa mia e poi ancora scale e strade e luci e tram e l'autunno.
Era Torino d'autunno. Non poteva che essere autunno.
Un terzo di vita fa ho detto "Ti amo" e poi non ho più smesso.
Un terzo di vita, a quasi trent'anni, è davvero un sacco di tempo.
Ci abbiamo messo dentro di tutto, come in una valigia troppo piccola. Perché dieci anni, a noi, non bastano mica.
Ogni 5 novembre torno a quel 5 novembre, ai miei capelli corti, proprio come ora, ai miei pantaloni troppo larghi e ai miei maglioni troppo caldi. Torno in quella strada di Torino, che ho ripercorso, dopo, ancora mille altre volte. Torno a quel cancello, su quel gradino, a noi due che ci baciamo e bisbiglio: "Fallo, diglielo. Ti cambierà la vita".
Era Torino, poi sono state Milano, Aosta, Barcellona, Firenze, Parigi, Londra, Istanbul, Reykjavik, il mare e la montagna, la neve e poi il sole, la neve e il sole insieme, il giorno e la notte, gli Smashing e i Marlene, i REM, i Muse, i Placebo, i Sigur Ros.
Poi è stata casa, casa nostra.
Prima, prima di tutto però, c'è Torino fredda e umida, bella e complice. I tram, la stazione, i portici, le mani infreddolite, il quinto piano di casa mia e poi ancora scale e strade e luci e tram.
Un terzo di vita è davvero un sacco di tempo.